Titolo leggermente macabro, lo ammetto. E triste, nel senso di tendenzialmente poco opportuno, è anche la sera in cui mi decido a scrivere questo post, visto che siamo alla vigilia del 2 novembre: vi giuro che ce l'ho in mente da un po' di tempo ma col passare dei giorni ,continuava a venirmi in mente qualche nuovo elemento e non mi decidevo a buttare giù qualcosa di definitivo...
Allora sono assolutamente e, credo, giustificatamente convinta che nella nostra società, così apparentemente smaliziata, esistano ancora due grandi tabù: la morte e il sesso.
Magari un'altra sera parleremo di sesso...stasera vorrei ragionare sull'aspetto un po' più triste della faccenda. Parliamo del triste mietitore? Della signora con la falce?
Parto da questo presupposto: a me la morte terrorizza. Lo dico con molta tranquillità, ho una fifa gigantesca. Non della mia morte, sia chiaro. Io, per quella che definisco una mia incredibile fortuna, non credo nell'inferno e nemmeno nel paradiso a dirla tutta. L'idea che ci sia un Dio che passa il tempo a giudicare noi comuni mortali e decidere dove ficcarci dopo che smettiamo di respirare e, oltre a questo, che ci siano dei posti pieni delle anime dei milioni di persone che sono venute prima di noi e che o bruciano o passano il loro tempo, diciamolo pure, a fare nulla, non mi ha mai convinta molto. Piuttosto mi piace pensare che qualcosa delle persone che abbiamo amato ci resti attorno, impressa nello splendore delle cose belle che ci circondano, e alimentata dalla memoria dei viventi. Lo so, sono mezza eretica ma non vi preoccupate, non mordo. Di me posso dire che cerco di vivere la mia vita al meglio delle mie possibilità e spero che quando non ci sarò più qualcuno si ricordi di me...
No, la cosa che mi spaventa davvero è quella di perdere le persone che amo. Posso dire tranquillamente che è una delle mie peggiori fobie. E ammetto che questo è il retro della medaglia dell'assenza di un paradiso. Perché nonostante tutto io ho un profondo bisogno di un contatto fisico con le persone a cui voglio bene e faccio molta fatica ad arrendermi da questo punto di vista.
E questo determina anche il mio ambiguo rapporto con i cimiteri: da una parte capisco la gente che va al cimitero perché di certo si cerca un qualsiasi contatto con una persona che si ha amata e che fisicamente non c'è più, cerchi un pezzo di cuore che ti è stato strappato...però andiamo:quelle sono ossa. Non sono più le persone che abbiamo amato. Questo va ad alimentare la posizione difficile che vi ho appena descritto.
Io ho l'immensa fortuna di non essermi mai dovuta confrontare con la morte di persone a cui sono davvero e profondamente legata e le preghiere che rivolgo a chi fino ad ora ha dimostrato di ascoltarle sono principalmente rivolte a chiedere che le cose continuino così.
Sono convinta che ogni paura per essere superata va affrontata. Ora io non auguro a nessuno di essere costretto ad sffrontare la paura della morte. A me è successo. Essendo da due anni volontaria di croce rossa, purtroppo ho incontrato la morte. Orribile. Tremendo. Ma adesso so perché ho tanta paura. Perché sono per paura una persona con un profondo bisogno di controllare tutto. E la morte non si controlla. L'illusione che ci dà rianimare una persona è un bel trucco che un bravissimo prestigiatore crea sotto i nostri occhi. Quando la morte vuole vincere, lo fa. Sempre? Quasi. Mai arrendersi senza combattere. Questa consapevolezza dovrebbe aver aumentato il mio terrore, in realtà no: ha solamente reso lo scontro aperto. Non combatto più contro un nemico mascherato.
martedì 1 novembre 2011
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